Alessandro Mendini (Milano, 1931-2019) è stato un architetto e designer tra i più importanti del panorama italiano e internazionale. Animato da una sottile vena ironica e ludica, Mendini è tra gli ispiratori della corrente post moderna, ed ha contribuito, attraverso le sue opere e i suoi scritti teorici e critici, a innovare il design italiano a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Dotato di una personalità poliedrica, dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1959, inizia la sua carriera nello studio Nizzoli. Negli anni ’70 si divide tra l’attività giornalistica, che lo vede alla guida di importanti riviste come Casabella (1970-76), Domus (1979-85; 2010-2011) e Modo (1977-79), da lui fondata, e quella di critico e teorico, con la partecipazione a gruppi appartenenti alla sfera del design radicale. Partecipa infatti alle sperimentazioni portate avanti da Global Tools nel 1973, insieme a Ettore Sottsass e Gaetano Pesce, Alchimia nel 1979 e Memphis, nel 1981. Tra i suoi scritti, ricordiamo Paesaggio casalingo (1979), Architettura addio (1981), Progetto infelice (1983), Existenz maximum (1990).La sua personale e, sotto certi aspetti, rivoluzionaria visione del design lo porta a progettare oggetti unici e autoprodotti, quasi delle opere artistiche, come la serie di Oggetti ad uso spirituale, nei quali il designer propone una riflessione critica nei confronti del funzionalismo e della produzione di massa. Le sue fonti di ispirazione si possono rintracciare nelle avanguardie artistiche di inizio Novecento, come il Dadaismo, il Surrealismo, il Costruttivismo russo o il Futurismo. Mendini pone l’accento sul ruolo della decorazione, ritenuta più importante della funzione, e sul primato dell’artigianato. A Mendini dobbiamo anche l’elaborazione del concetto di re-design, attraverso il quale gli oggetti di uso quotidiano vengono reinterpretati in modo talvolta estraneo alla funzione o allo stile originari. Questo approccio non ha inizialmente attirato l’interesse delle aziende per il lavoro di Mendini, almeno fino all’incontro con imprenditori come Aurelio Zanotta e Alberto Alessi, all’inizio degli anni Ottanta, con i quali invece si instaurò una stretta collaborazione. Nel 1989 fonda, assieme al fratello Francesco, l’Atelier Mendini, un laboratorio multidisciplinare che sviluppa progetti di mobili, architettura, interior design, pittura, installazioni e consulenze per aziende.Tra le sue opere più importanti abbiamo la celeberrima Poltrona Proust (1978), oggi prodotta sia in esemplari unici realizzati a mano, sia in serie limitate per aziende come Cappellini, Magis, Bisazza o Superego. Dalla collaborazione con Alessi nascono la serie Tea and Coffee Piazza, la collezione 100% Make Up, i cavatappi Anna G e Alessandro M, e gli ultimi progetti, realizzati un anno prima della sua scomparsa, ovvero il pentolino Tegamino e il set di piatti per bambini Alessini. Per Bisazza, Mendini firma oggetti contenitori ricoperti di tessere di mosaico, come i Mobili per uomo, mentre per l’azienda coreana Ramun crea la lampada da tavolo Amuleto.Mendini ha firmato anche diverse opere di architettura, arredo urbano e urbanistica, tra le quali possiamo citare le Fabbriche Alessi a Omegna, tre stazioni della metropolitana a Napoli, il Byblos Art Hotel-Villa Amistà a Verona, gli uffici di Trend Group a Vicenza, la riqualificazione urbanistica dell’area industriale nel quartiere Bovisa a Milano, oltre a progetti di edifici e quartieri in Giappone, Corea, Europa e Stati Uniti. Tra i premi e i riconoscimenti ricevuti, ricordiamo i tre Compassi d’oro ADI, nel 1979 per la rivista Modo, nel 1981 per le sue ricerche con il gruppo Alchimia e nel 2014 come premio alla carriera.
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