Durante la Design Week 2025, tre realtà diverse — Reply, ACPV ARCHITECTS e Marazzi — si sono unite per mostrare cosa accade quando la progettazione incontra l’AI generativa. Il risultato è “A new AI generation Marble”, un progetto che va oltre la semplice superficie: grandi lastre ceramiche in gres, ispirate alla natura ma realizzate con intelligenze artificiali. Pattern unici, complessi, realistici, capaci di coniugare la libertà formale della creatività con la precisione matematica degli algoritmi.
Dietro queste superfici c’è un lavoro multidisciplinare sofisticato. Il team di Machine Learning di Reply ha collaborato con i progettisti di ACPV ARCHITECTS e i ricercatori di Marazzi per sviluppare un metodo che unisce denoising, super-risoluzione e principi di biomimesi. Il risultato non è solo estetico: riduce sprechi, semplifica la logistica e ottimizza l’uso delle risorse. E soprattutto, apre la strada a un nuovo modo di pensare la materia: non più copia della natura, ma sua evoluzione.
Ma il caso Reply è solo una delle molte facce di una rivoluzione più ampia. L’AI sta diventando protagonista in tutte le fasi del progetto. Nella fase di concept, strumenti come Midjourney e DALL·E permettono ai designer di visualizzare decine di varianti partendo da una semplice frase. Adobe Firefly consente di costruire moodboard e palette con una velocità impensabile fino a ieri. E nel mondo della progettazione architettonica, Autodesk Forma utilizza modelli predittivi per ottimizzare layout, flussi e performance energetiche.
La rivoluzione tocca anche la dimensione dell’esperienza. Con visori come Meta Quest, HoloLens o Varjo XR, la presentazione di un progetto non è più un rendering statico, ma un’esperienza immersiva. Grazie a soluzioni come Enscape e Twinmotion, gli utenti possono esplorare virtualmente uno spazio prima ancora che venga costruito. Una vera e propria “pre-visione” che trasforma la relazione tra progettista, cliente e stakeholder.
E poi c’è il design generativo: un ambito dove l’AI diventa co-autrice del progetto. Con Grasshopper o Dreamcatcher di Autodesk, è possibile impostare vincoli progettuali — come sostenibilità, luce, ventilazione, efficienza spaziale — e lasciare che sia l’algoritmo a proporre decine di soluzioni alternative. Non per scegliere “la migliore”, ma per esplorare ciò che da soli non avremmo mai immaginato.
Come sottolinea Patricia Viel, “le superfici nate da questo processo non sono semplici rivestimenti. Sono narrazioni visive.” È proprio questo il punto: l’intelligenza artificiale non sostituisce la creatività, ma la espande. Ne moltiplica le direzioni, la rende più inclusiva, più sostenibile, più audace.
Ed è qui che entra in gioco il nostro ruolo, come creativi, architetti, designer. Sta a noi decidere se usare questi strumenti per inseguire trend, o per inventare nuovi alfabeti visivi. Sta a noi scegliere se lasciare che l’AI ottimizzi, o che sorprenda. Se metterla al servizio della produzione, o della visione.
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